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Più consapevole, meno perfetta: il self-tracking al femminile tra benessere e pressione invisibile

self-tracking femminile

Negli ultimi anni, app e dispositivi smart ci aiutano a monitorare ogni aspetto della nostra salute: sonno, ciclo mestruale, umore, attività fisica, alimentazione, livelli di stress. Soprattutto per le donne, queste tecnologie promettono più consapevolezza del corpo e dei bisogni ormonali. Ma cosa succede quando da strumenti di ascolto diventano un altro modo per giudicarci o pretendere troppo da noi stesse?

In questo articolo esploriamo luci e ombre del self-tracking al femminile, con uno sguardo informato, body positive e libero da giudizi.

Il self-tracking: cos’è e perché è sempre più diffuso

Con “self-tracking” si intende l’insieme di pratiche tecnologiche (app, wearables, sensori, agende digitali…) che permettono di raccogliere e visualizzare dati personali: dai passi fatti in una giornata, al flusso mestruale, ai livelli di energia.
Queste tecnologie rientrano nel movimento più ampio della “Quantified Self”, nato per aumentare la consapevolezza tramite i numeri. Oggi, in versione femminile, si parla anche di FemTech: un settore in rapida crescita dedicato alla salute riproduttiva, ormonale e psicofisica delle donne.

Esempi diffusi:

  • App per il ciclo mestruale (es. Clue, Flo, Natural Cycles)
  • Anelli e smartwatch che tracciano ovulazione, temperatura, sonno (es. Oura Ring, Fitbit)
  • App per la salute mentale, il respiro, l’umore

I benefici: quando i dati ci aiutano a conoscerci meglio

Non c’è dubbio che molte donne trovino utile avere un quadro chiaro del proprio corpo. I vantaggi più noti del self-tracking sono:

  • Miglior conoscenza del ciclo mestruale e dei suoi effetti su umore, energia, fame
  • Consapevolezza dei pattern ormonali, utile in caso di sindromi (PMS, PCOS, endometriosi)
  • Prevenzione e dialogo più informato con il medico
  • Monitoraggio di sintomi, dolore, fertilità
  • Stimolo all’autocura e al rispetto dei propri tempi (riposo, movimento, nutrizione)

Le app possono diventare alleate nella cura gentile del corpo, aiutandoci a notare connessioni tra abitudini e benessere.

Quando la tecnologia diventa un’altra forma di pressione

Ma se non usata con consapevolezza, la tecnologia può trasformarsi da supporto a fonte di ansia, perfezionismo e controllo ossessivo. Alcuni segnali:

  • Sentirsi in colpa se “non si è in regola” con i dati (es. non aver fatto passi, dormito abbastanza, avuto il ciclo puntuale)
  • Pensare che un’app “sa più di noi” su come ci sentiamo
  • Perdere spontaneità, rigidità nel gestire abitudini
  • Confrontarsi con un ideale di prestazione costante, anziché accettare la naturale ciclicità femminile

In questi casi, il tracking può alimentare una narrazione del corpo come macchina da ottimizzare, anziché organismo vivo e mutevole. Il risultato? Più pressione e meno benessere.

Self-tracking consapevole: come usarlo davvero al servizio del tuo benessere

Come sempre, la chiave è l’equilibrio. Ecco alcune linee guida per usare le tecnologie di tracking senza farti usare da esse:

  • Usa i dati come informazioni, non come giudizi. Se hai dormito poco o mangiato di più, non è “fallimento”, è un’informazione utile.
  • Ascolta prima te stessa, poi l’app. Un numero non può sapere meglio di te come ti senti oggi.
  • Evita l’overtracking. Non serve monitorare tutto: scegli 1 o 2 aspetti (es. sonno e ciclo) su cui vuoi davvero portare attenzione.
  • Accetta la variabilità. Il corpo femminile è ciclico: i dati possono aiutare a normalizzare l’alternanza di forza e vulnerabilità.
  • Disconnettiti quando serve. Anche non monitorarsi è un atto di cura.

    Il corpo non ha bisogno di essere “ottimizzato”, ha bisogno di essere ascoltato

    In un mondo che ci vuole sempre produttive, performanti e precise, il self-tracking può diventare l’ennesima gabbia invisibile. Ma può anche essere uno strumento prezioso se lo usiamo con compassione, pazienza e spirito critico.

    Fonti

    Lupton, D. (2016). The Quantified Self: A Sociology of Self-Tracking. Polity Press.

    Fox, S., Duggan, M. (2013). Tracking for Health. Pew Research Center.

    Sanders, R. (2017). Self-tracking in the digital era: Biopower, patriarchy and the new self. Body & Society, 23(1), 36–63.

    Figueiredo, R., et al. (2020). Menstrual cycle tracking apps: What do users want? BMC Women’s Health, 20(1), 192.

    Ajana, B. (2017). Digital health and the biopolitics of the Quantified Self. Digital Health, 3.

    Deborah Lupton (2021). Data Selves: More-than-human Perspectives.

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